Diritto d’autore ed intelligenza artificiale generativa

Artificial-Intelligence

Autori: Miriam Andrea Fadda, Francesca Tugnoli, Eleonora Margherita Auletta

 

L’applicazione di massa dell’intelligenza artificiale sta mettendo in discussione tanti ambiti, tra cui anche quello giuridico. Invero, le nuove applicazioni che utilizzano queste tecnologie impongono una riflessione su come adattare le fattispecie giuridiche conosciute e pensate per un panorama fondamentalmente non digitale alle tecniche – sempre più avanzate – che stanno dominando il mercato, in attesa che il legislatore riesca a pervenire ad una regolamentazione ad hoc.

 

Intelligenza artificiale generativa

Iniziamo col fare chiarezza: che cos’è intelligenza artificiale generativa?

Si tratta di una branca del più ampio concetto di “intelligenza artificiale” (IA)[1] che, nello specifico, consente, a partire da un set di dati sintetici, la creazione di contenuti del più vario genere: dagli articoli di giornale alle immagini, dai video alla musica, solo per fare alcuni esempi. Quando si parla di intelligenza artificiale generativa si fa riferimento ad una varietà di processi volti all’alimentazione di un sistema di apprendimento automatico che è stato “allenato” da set di dati “a tema”, ossia attinenti all’opera che l’applicazione dovrà generare sulla base di comandi (c.d. prompt) specifici. I training cui vengono sottoposte le tecnologie basate sull’intelligenza artificiale differiscono sulla base degli specifici software che vi sottostanno: un’intelligenza artificiale generativa, per esempio, avrà un allenamento ben diverso da un software basato sul machine learning. Le modalità di allenamento sono molto complesse e si fondano su svariati trial. Si può arrivare a dire che l’allenamento di un’intelligenza artificiale non abbia mai fine, grazie al possibile sfruttamento di nuovi set di dati per continuare ad espandere il proprio bagaglio di informazioni sulla base del quale fornire l’output richiesto.

 

Opera d’ingegno e diritto d’autore

Come noto, la legge n. 633/1942[2], meglio conosciuta come legge sul diritto d’autore, protegge le opere d’ingegno che, ai sensi dell’art. 1 della predetta normativa, devono essere caratterizzati dai seguenti requisiti cumulativi:

  • originalità: l’opera, per essere tutelata dalla legge, deve essere frutto dell’attività dell’ingegno umano e deve pertanto rivelare la personalità dell’autore;
  • novità oggettiva: l’opera deve essere dotata di elementi caratterizzanti che la differenziano inequivocabilmente da ogni altra opera.

Per tutelare un’opera creata con l’IA generativa occorre, quindi, verificare se l’output generato da un software AI based possa essere considerato un’estrinsecazione della creazione intellettuale del soggetto che ha fornito i prompt che hanno, a loro volta, portato al risultato da sottoporre a tutela.

La pronuncia della Corte di Cassazione

Sulla possibilità o meno di qualificare, quale opera d’ingegno, un risultato creato da un’intelligenza artificiale generativa, si è recentemente (ed indirettamente) espressa la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1107 dello scorso 16 gennaio[3]. La materia del contendere riguardava la supposta violazione del diritto d’autore dell’opera usata come scenografia fissa per un festival musicale, che era stata generata tramite l’utilizzo di un software.

Nonostante la dichiarata inammissibilità del ricorso in oggetto, poiché tardivo, la Suprema Corte ha avuto modo di esprimere un importante principio di diritto utile per la risoluzione del quesito. Per accertare se la tutela all’opera creata mediante l’intelligenza artificiale generativa vada concessa, occorre preliminarmente valutare se e in quale misura l’uso del software abbia “assorbito” l’elaborazione creativa dell’artista che aveva scelto l’algoritmo. Pertanto, quanto alla “proteggibilità”, ai sensi del diritto d’autore, delle opere generate da sistemi di intelligenza artificiale, occorrerà distinguere tra opere generate attraverso sistemi di intelligenza artificiale, rispetto alle quali l’elaborazione creativa dell’uomo assuma un rilievo significativo e opere generate da sistemi di intelligenza artificiale, rispetto alle quali l’apporto creativo dell’uomo sia marginale. Solo nel primo caso, dunque, l’opera sarà tutelabile secondo le categorie tradizionali del diritto d’autore; inoltre, tanto il diritto morale di essere considerato autore, quanto i diritti di sfruttamento economico dell’opera andranno riconosciuti in capo all’artista persona fisica.

 

Conclusioni

In conclusione, nel prossimo futuro, al fine di offrire una forma di tutela alle opere create con l’ausilio di un software che sfrutta l’intelligenza artificiale generativa occorrerà verificare quando quest’ultima possa essere considerata opera d’ingegno, sulla base dell’applicazione dei criteri sopra citati.

 

 

[1] La definizione di “intelligenza artificiale” si fonda sul voler sfruttare computer e macchine complesse per imitare la capacità di risolvere i problemi della mente umana. Già nel 1950 Alan Turing, padre dell’informatica, nella sua opera fondamentale “Macchine calcolatrici ed intelligenza” si domandava se le macchine fossero in grado di pensare. Proprio da questa riflessione nasce il “test di Turing”, secondo cui un essere umano pone delle domande e, se non è in grado di distinguere se le risposte provengano da una macchina o da un altro essere umano, allora la macchina che le ha formulate può ritenersi dotata di una forma di intelligenza. Una più moderna e precisa definizione viene poi data da John McCarthy, informatico statunitense vincitore del Premio Turing, nel 2004, che la descrive come la scienza di creare ed ingegnerizzare macchine intelligenti e, in particolar modo, programmi informatici intelligenti.

[2] Legge 22 aprile 1941, n. 633

[3] Cass., Sez. I civ., Ordinanza n. 1107 del 16 gennaio 2023. Con tale ordinanza la Suprema Corte ha precisato, incidentalmente, che il ricorso alla tecnologia digitale per la realizzazione di un’opera non preclude di per sé la possibilità di qualificare l’opera come opera dell’ingegno, a meno che, all’esito di un accertamento di fatto in cui il tasso di creatività sia stato scrutinato con rigore, non risulti che l’utilizzo della tecnologia abbia assorbito l’elaborazione creativa dell’artista.

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